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Canapa in Italia

Bisogna fare chiarezza tra il concetto nella distinzione tra fiore, foglie, olio, resine e derivati della Canapa.

Nell’ambito della coltivazione infatti bisogna distinguere la filiera produttiva per la fioritura da quella per la realizzazione alimentare come semi, oli o resine. Lo ribadisce il concetto anche la Federazione Italiana Canapa e lo si connette facilmente per via degli ultimi avvenimenti di cronaca relativi alla direttiva sulle coltivazioni di canapa in Sardegna.

Le direttive emanate dalla Procura di Cagliari, mettono a repentaglio lo sviluppo della canapicoltura sull’intera isola. In breve la procura di Cagliari, riconosce la possibilità di sequestri preventivi delle coltivazioni, sulla semplice base del sospetto di attività non conformi alla legge sulla canapa industriale (242/2016) e che, pertanto, potrebbero profilare il reato di produzione o detenzione di stupefacenti.

il disposto della Procura di Cagliari si basa su due assunti in evidente contrasto con la normativa nazionale e comunitaria. Le eccezioni di Federcanapa sulla direttiva relativa alla produzione di canapa in Sardegna In primo luogo – si evince dal comunicato stampa diramato dalla Federazione – il documento sostiene che la cessione o vendita di prodotti contenenti foglie, infiorescenze, olio e resine risulterebbe in breve a un’attività illecita, in quanto prodotti non contemplati dalla legge sulla canapa industriale, poiché non espressamente menzionati nella medesima.

“In realtà la legge 242 – ribadiscono dalla Federeazione iataliana Canapa – elenca tra le destinazioni ammesse, come riconosciuto nella stessa Direttiva, la produzione di alimenti, cosmetici, semilavorati e addirittura di coltivazioni per il florovivaismo, senza mai specificare quali parti della pianta siano utilizzabili e quali no. Ma soprattutto, analizzando le normative di settore a cui la stessa legge rinvia risulta evidente la possibilità di produrre estratti in ambito alimentare o come semilavorati, foglie per i cosmetici e fiori recisi per florovivaismo. Inoltre, è ancora più evidente il contrasto con la normativa comunitaria secondo cui le finalità della Convenzione Unica sugli Stupefacenti (a cui l’Italia ha aderito e su cui il Testo Unico Stupefacenti è stato modellato) è quella di evitare l’assunzione da parte dell’uomo di sostanze dannose. Ma, come chiarito da più sentenze della Corte di Giustizia Europea (dal 2003 fino al 19 novembre 2020, che ha imposto allo Stato Francese il dissequestro di una partita di sigarette elettroniche al Cbd), non può valere per la pianta di canapa industriale proveniente da varietà certificate che, per la normativa comunitaria, è un prodotto agricolo e non una droga e come tale utilizzabile nella sua interezza per le finalità agro-industriali di legge“.

Intanto, le evoluzioni del mercato della cannabis light non mancano. Le sta tenendo monitorate Davide Fortin, ricercatore all’Università Sorbona e collaboratore di Mpg Consulting, con i colleghi Alberto Aziani (Università Cattolica del Sacro Cuore) e Annalisa Pelosi (Università di Parma). Dai dati raccolti da Fortin tramite un sondaggio al quale hanno risposto più di 8mila persone, emerge come sia cambiato l’uso della cannabis dal primo lockdown – marzo 2020 – a oggi.

Un intervistato su due la compra per sostituire la cannabis con Thc, nella maggior parte dei casi perché durante la pandemia non riuscivano ad acquistarla e per ridurne l’uso. Poi viene usata in sostituzione del tabacco (una persona su dieci) e anche per ridurre bevande alcoliche o farmaci come gli antinfiammatori, analgesici, rilassanti e sonniferi e, infine, sostanze come eroina e derivati dell’oppio.

L’uso di cannabis light è confermata anche dalle vendite registrate da Legal Weed, marchio ormai noto nel settore della cannabis light e suoi derivati: +76% in un anno. Attualmente si stima un mercato, comprensivo del consumo domestico e del prodotto che viene esportato, che si attesta intorno ai 200 milioni di euro tra infiorescenze (almeno 150 milioni) e prodotti a base di Cbd.

Ma il potenziale è enormemente maggiore, afferma Fortin: “Con una base di consumatori stabile si potrebbe arrivare a un mercato di 4/500 milioni di euro nel giro di poco tempo se arriveranno le opportune regolamentazioni per l’inalazione in Italia e in Europa, e quelle per garantire la salubrità del prodotto e l’indicazione corretta dei principi attivi contenuti“.

Un mercato e una base consumatori che si consolida e che, secondo gli ultimi dati registrati da Legal Weed, si sta modificando rispetto all’età media degli acquirenti che sta salendo e rispetto al genere con boom di richieste da parte di donne over 35 che rappresentano un nuovo bacino d’utenza.

Sulle motivazioni di questo aumento rilevante di richieste di cannabis light, ovvero senza principio attivo psicotropo Thc, la ricerca di Fortin ha evidenziato che i giovani tra i 18 e i 22 anni provano il prodotto, anche se i maggiori consumatori sono gli over 30, anche perché hanno più potere di acquisto, con una spesa media, per i consumatori regolari, di 50 euro al mese. Ma è un prodotto usato anche dagli anziani: in Italia fino ai 70 anni e in Francia anche gli ottantenni, una differenza che può essere data dal fatto che in Francia si fa molta fatica a reperire cannabis medicinale in farmacia.

Conclude Fortin: “Poi c’è la fetta, sempre di un consumatore su cinque, che sceglie la light o i prodotti a base di Cbd, semplicemente per il proprio benessere, che è una parte destinata ad aumentare con il crescere delle evidenze scientifiche della sua efficacia“.

Fonti: https://www.greenplanner.it/2021/04/02/canapa-italia-usi/

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